COME CAMBIA LA SICUREZZA

Intervista a Raffaele Guariniello

ITA – Buongiorno Dott. Guariniello. Il mondo della sicurezza sul lavoro sta cambiando. Come cambia di conseguenza il ruolo del RSPP?

Raffaele Guariniello – Da sempre i compiti del RSPP sono impegnativi, ma lo sono diventati ancora di più oggi perché, come giustamente detto, il mondo della sicurezza sul lavoro sta cambiando, e sta cambiando sotto diversi aspetti.
Ed è proprio con questi cambiamenti che il RSPP si deve confrontare. Anzitutto stanno cambiando i rischi, e naturalmente non mi riferisco soltanto al Covid-19, restano certamente al centro dell’attenzione i grandi rischi negli appalti e nei cantieri, ma si affacciano quelli che l’UE o l’Organizzazione Internazionale del Lavoro chiamano “rischi emergenti” come lo stress, le molestie, la robotica.

Rimane sorprendente una sentenza dell’8 ottobre 2018, la n. 44890, che per la prima volta ha addebitato a un datore di lavoro il reato di lesione personale colposa per aver tenuto nei confronti di un dipendente una serie di comportamenti vessatori e persecutori con la conseguenza che il dipendente accusava una patologia, ma una patologia psichiatrica, cioè una sindrome ansioso-depressiva su base reattiva. Un altro esempio che mi viene in mente è rappresentato dai rischi ambientali legati alle caratteristiche dei Paesi in cui la prestazione lavorativa viene svolta.

E qui dobbiamo tenere  presente l’Interpello n. 11 del 25 ottobre 2016 in cui viene detto che il datore di lavoro ha anche l’obbligo di valutare i rischi legati alla situazione geopolitica e alle condizioni sanitarie del Paese, valutare i rischi e naturalmente individuare le relative misure di prevenzione e protezione. Cambiano anche i luoghi di lavoro. Non solo le fabbriche, i cantieri, ma altresì luoghi un tempo impensabili, oggi all’ordine del giorno. Per fare qualche esempio di drammatica attualità le autostrade o le funivie.

Ma non basta. Sono cambiati anche i lavoratori da tutelare. I garanti della sicurezza, a cominciare dagli RSPP, sono chiamati dalla giurisprudenza ad affrontare quello che considero attualmente uno dei problemi più ardui di organizzazione aziendale sul fronte della sicurezza del lavoro, e cioè la tutela dei lavoratori all’esterno, e anche all’estero. E stanno cambiando le responsabilità. Cambiano le stesse responsabilità penali, non più solo l’omicidio, la lesione colposa, ormai sempre più frequentemente anche l’omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, quando non il disastro colposo. Abbiamo la prima sentenza della Cassazione sull’epidemia colposa da Covid-19. Ma soprattutto, a fianco delle responsabilità penali della persona e fisiche, una importantissima novità è che si applica con sempre maggiore frequenza la cosiddetta responsabilità amministrativa degli enti. Una responsabilità che, a norma del decreto legislativo 231, impone alle imprese l’adozione e l’efficace attuazione del MOG, del Modello di organizzazione e di gestione. Per cui resto un po’ sorpreso quando vedo che questa normativa del 231 non è ancora stata adeguatamente assimilata da numerose imprese, e meraviglia ancora di più se si pensa che la  responsabilità amministrativa, così detta amministrativa, può comportare sanzioni temibili e per giunta non patisce alcune criticità che invece frenano la responsabilità penale.

Voglio solo fare un esempio: Cassazione 25 gennaio 2021 n. 2848. Ha dichiarato prescritto il reato di lesione personale colposa addebitato al rappresentante legale e al direttore di stabilimento di una società per l’infortunio patito da un dipendente. Ha confermato invece la condanna della società per l’illecito amministrativo connesso al reato di lesione personale colposa. E perché? Perché la responsabilità dell’ente sussiste anche quando il reato presupposto, ad esempio l’omicidio o la lesione personale colposa, si estingue per prescrizione. Basta che il pubblico ministero avanzi la richiesta di rinvio a giudizio della società, della persona giuridica, entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, cioè dalla data in cui si è verificato ad esempio l’infortunio, che poi praticamente il reato di illecito amministrativo non si prescrive più. Questo comporta ovviamente una rilevanza concreta. In questo mondo in trasformazione, quali sono i soggetti chiamati a garantire la sicurezza? Leggiamo Cassazione 3 maggio 16697: il sistema della normativa anti infortunistica creata dal sistema 81 si è evoluto passando da un modello interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro ad un modello che la Corte di cassazione chiama “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti dotati di specifiche professionalità.

Ma come si articola questo modello? Qui è fondamentale l’art. 28 comma 2 lettera d) dell’81 che ci dice che il DVR deve contenere anche quello che io  chiamo “organigramma aziendale”, cioè l’individuazione delle procedure per attuare le misure, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi devono provvedere a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri. Il modello di impresa sicura si basa su un binomio inscindibile: competenze e poteri. Competenze e poteri dei soggetti chiamati a garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Un binomio che spiega l’organizzazione della sicurezza delineata dal decreto 81, una organizzazione che ha due capisaldi: il potere, rappresentato e impersonato nella sua massima espressione dal datore di lavoro, ma anche da altri soggetti come i dirigenti, i preposti, i delegati, i subdelegati, e la competenza, impersonata da quei professionisti specializzati in materia di sicurezza come l’RSPP, il medico competente, i consulenti esterni. Abbiamo dunque sempre una pluralità di soggetti garanti della sicurezza.

Segnaliamo alcuni corsi ITA utili per approfondire l’argomento:

26 Novembre 2021
LE MODIFICHE AL T.U. SALUTE E SICUREZZA (NOVITA’ DEL DL FISCO-LAVORO 2022 APPROVATO DAL CdM IL 15/10/2021)